Pagine

2013-06-12

Di un viaggio interminabile, di posti invisitabili, di fotografie



Safeport - 2515

L'aria di Safeport odora di morte. Di marcio, di putrescenza, di bruciato. Ti si impiglia in gola, fino a farti pizzicare gli occhi, e senti l'irrefrenabile istinto di sputare, di scacciare via dalle mucose irritate quel qualcosa che un Corer non conosce, e che ti soffoca fino a farti lacrimare gli occhi. Ma, forse, non è l'aria del posto. Forse è l'aria che io respiro, in questo momento.
E' l'idea di ciò che sto per fare, mentre sporco la pelle di terra, i capelli di grasso, indosso abiti da uomo.
E' tutto il silenzio che c'è tra me e Jim, tra un accordo e l'altro.
E' l'effetto collaterale della soddisfazione perversa che solo una vendetta maturata, lentamente, nel tempo può dare

"Ti scopriranno. Ricorda che devi stare zitta..ma ti scopriranno comunque, cazzo"
"Passami il berretto, per favore. Hai portato i guanti?"
"No"

Do un'occhiata alle mie belle mani, liscie e curate, sottili e bianche. Le guardo come se stessero per togliermele a colpi di mannaia, l'ultimo sguardo che un amante destinerebbe alla propria amata prima di salire al patibolo. Sospirando, le immergo nella polvere, prima di rinchiuderle nel buio delle tasche di un cappotto troppo largo, troppo unto, troppo...troppo.

---

Eleria - 2510

Era un'ombra sottile, una scura imitazione di se stessa. Vestita di nero, le guance scavate dal dolore, gli occhi spenti, era incapace di articolar parola da quelle labbra smunte. La gente era scivolata via in un opportuno e contegnoso silenzio, dopo la funzione, ma lei era rimasta li a fissare la lapide di marmo chiaro, la fotografia contenuta nel rettangolo d'ottone, il nome in rilievo sulla superficie. Non sentiva niente. L'odore dei fiori, il vento tra i cipressi, il parlottare sommesso poco oltre. Niente. Alyssa non riusciva a staccare il proprio sguardo da quello, fotografato, di Daniel. Eppure lo desiderava, Dio solo sa quanto. Jim era li vicino, e forse davvero era uno dei pochi che potesse realmente capirla.

"A che ora sarà, domani, il funerale di Kurt?" la voce roca, di lei, a rompere il silenzio.
"Alle sette" aveva risposto, altrettanto stancamente, l'uomo.
"Va bene"
"Alyssa.."
"..."
"Giuro su Dio, su Daniel, su Kurt. Giuro che troverò Robert...e che pagherà tutto quanto. Tutto"

Alyssa non poteva parlare. Il cuore si era spaccato di nuovo, e sanguinava copiosamente. Di rimando, gli occhi, avevano ricominciato a piangere. Jim si allontanò, lasciandola li da sola. Lui aveva perso un fratello, lei il proprio uomo...non c'era bisogno di aggiungere altro, bastavano quei silenzi, per comunicare.

---



Nella vecchia stanza di Alyssa, nascosto sotto il letto, c'è un foglio elettronico scarico da tempo. Nella memoria è presente un'unico elemento, una fotografia. Ritrae un gruppo di razzi, quasi tutti più o meno sulle ventina. Lei è abbracciata a Daniel, nell'angolo sinistro, ed entrambi sorridono. Jim è poco oltre, appoggia la spalla su un ragazzo a cui somiglia moltissimo e che fa una smorfia. Kurt. Samuel, invece, è defilato, ma è l'unico che apre le braccia davanti all'obiettivo, quasi volesse abbracciare chi li osserva. Robert è sul lato destro, e guarda schifato Samuel. Una mano in tasca, il braccio appoggiato contro il muretto.
La foto è li, impolverata e vecchia, sotto il letto. Assieme a un passato neanche troppo lontano. Ad una rabbia che non si è ridotta, non è scomparsa...è solo li, che dorme. Assieme ai ricordi, assieme alla polvere.

2013-06-06

Di rapimenti, di capezzoli, di vecchie conoscenze


"Myar è stara rapita"

Non c'è mai un limite al peggio, anche quando pensi di aver toccato il fondo, improvvisamente ti ritrovi carponi a scavare, per scendere ancora un pò più giù. Vabbè, alla fine che ti resta da fare? Lasci tua madre nelle mani di Pam e torni al Ranch, per vedere d'essere d'aiuto in qualche modo nelle ricerche. In realtà sai benissimo di essere utile come una ciabatta in un ghiacciaio, ma alla fine torni comunque.
Sei uno straccio, un impiastro confuso di stanchezza, preoccupazione e delusione per tutto ciò che ti sta accadendo. Senti il peso degli eventi attorno al collo, stringerti come una garrota, è il corpo stesso a non poterne più di tutte queste cattive notizie. E poi rialzi gli occhi, tra la folla che ti ha accompagnato durante tutto il viaggio, e vedi una mano sottile alzata. E occhi scuri. E un certo sorriso. Chayo si prenderà cura di te, facendoti ubriacare, rimanendo sobria sobrio per tenerti d'occhio. Non è il tipo di amico che faresti conoscere ai tuoi...ma è il tipo di amico che ti ci vuole, per come sei fatta tu.

"Sai...ho sempre pensato che le stelle fossero dei capezzoli"


Di quella sera ho ricordi stemperati nel Rhum, di me e lui che giochiamo a campanaro lungo la strada, di qualcuno che mi guarda il culo, di francobolli speciali e riflessioni profonde. Le dita sporche di polvere, le labbra impastate di sonno, alcol, cazzate. Avrei dormito a terra, perchè da li potevo vedere le stelle, e Chayo   saltellare tra un quadrato e l'altro, tentando di rispettare le regole del gioco. Ma no, non si poteva. Il mio angelo custode era pieno di tatuaggi, di imbarazzo e di paura, e mentre mi rialzava da terra mi ha attaccato addosso un pezzetto del suo passato, un suo ricordo. Con lui funziona cosi...si baratta.


--


Mimi è qui, il capo ce l'ha riportata. Era combinata male, ma fortunatamente nulla che non si potesse curare con qualche flebo idratante e un pò di cicatrizzante. Per le ferite dell'anima, invece, ci vorrà più tempo. Nel silenzio discreto dell'infermeria, mentre la medicavo, mi ha raccontato cosa le hanno detto, come ha trascorso gli ultimi giorni. Vorrei essere abbastanza forte da eliminare, fisicamente, chiunque sia coinvolto in questa faccenda. Ma i miei limiti sono tutti qui, in queste dita da medico piuttosto che da soldato o da criminale. Odio, sentirmi cosi impotente. Ho tante cose da raccontarle, tanti aggiornamenti. Ma non è questo il momento, lei ha bisogno di riposare..ed anch'io, a dirla tutta.


--

"Chi è?"
"Alyssa...sono io"

Ci sono voci che non dimentichi, anche se non le senti da anni. Voci che si accumulano nelle pieghe dell'orecchio, si innestano nei pensieri e rimango li, latenti, finchè non ci pensa una chiamata a risvegliarle. Te le senti pulsare nelle tempie, assieme a tutti i ricordi che si tirano dietro. La voce di Jim Fletcher, incurvata nell'accento di  Eleira, roca e quasi strascicata, la risento accanto a quella di Daniel, intrecciata a quella di Sam. Rivedo la "cantina", l'odore di olio e grasso di motore misto a quello della birra...Per un attimo, un attimo solo, il cuore si ferma. Rimane li immobile come un cretino, non capacitandosi bene di quanto stia accadendo. Ci pensa Jim a dargli una spinta, un calcio ben assestato tra i ventricoli per consentirgli di ripartire

"L'ho trovato. E' con Sam. E sono a Safeport"
" A..Safeport dove?"
"In un'infermeria. Hanno avuto un incidente"

Per un pò non ci diciamo niente. Rimaniamo zitti, incerti su come continuare. Anche stavolta, è Jim a prendere in mano la situazione

"Io ho intenzione di andare li"

Non c'è bisogno che mi specifichi bene a fare cosa, perchè sappiamo entrambi qual è il punto, dove si andrà a parare. Ed alla fine, con una punta d'eccitazione e una brutta nausea che si fa prepotentemente largo nel mio esofago, mi sorprendo a rispondergli

"Ok. Passa a prendermi"


2013-06-02

Di onde d'urto, di bambole, di volontariato aggratis

29 Maggio 2515



"Sta per morire"
"Stiamo tutti per morire, decennio più, decennio meno. Vorrei sapere quanto.."
"Otto, nove mesi. Un anno, se il corpo reagisce alle cure come dovrebbe"
"Capisco. La ringrazio"

Mentre lei si allontanava il Dottor Huei ebbe di nuovo la sensazione, sgradevole e persino un pò inquietante, più volte avvertita nel corso delle ultime settimane, che Alyssa non fosse normale. Che non vi fosse niente di naturale nel suo modo di reagire ad un certo tipo di notizie. Negli anni gli era capitato innumerevoli volte di dover parlare alle famiglie, e dire loro che al paziente non restava molto tempo davanti. C'era chi si disperava, chi si arrabbiava, chi si chiudeva nel mutismo più assoluto assumendo l'espressione di una cane bastonato, chi perdeva i sensi, chi iniziava a chiedere pareri alternativi, proporre cure. Alyssa no. Lei era rimasta tranquilla, la fronte perfettamente liscia, serena,  con quel lieve accenno di sorriso agli angoli della bocca come se non avessero fatto altro che conversare amabilmente del tempo o dell'ultimo spettacolo in scena al più vicino Teatro. Sembrava che la morte le scivolasse addosso come un'ombra, senza segnarne il corpo nè lo spirito, era immune dalla paura, per lo meno di quel tipo di paura. Aveva voltato le spalle all'uomo, proseguendo verso la stanza dove era ricoverata la madre, e lui era rimasto a contemplarne la figura snella e la chioma vermiglia sistemata con ordine lungo le spalle sottili,  sparire oltre la porta. Le aveva, infine, dedicato un ultimo, spocchioso pensiero:

"Quella donna soffre di alessitimia, e non ha alcuna intenzione di guarirne"

---

30 Maggio 2515 - Pomeriggio


"Trauma addominale da schiacciamento!"
"..frattura degli arti inferiori e.."
"Dottor Kingsely in Chirurgia, il Dottor Kingsely è atteso in Chirurgia"
"Svelti con quelle barelle!"
"Noi..noi lavoriamo assieme, stavamo cercando un posto per vedere meglio la parata e..d'un tratto abbiamo sentito un violento impatto. Non ha nessuno.."
"Ferita al petto e alle gambe, arto destro in parte mancante, probabile lesione della spina dorsale"
"Stiamo cercando di liberare più letti possibili, tutti gli interventi meno gravi sono rimandati"

Si pensa che il danno maggiore, quando esplode una bomba, lo causi la deflagrazione quando in realtà non è proprio cosi. L'esplosione è solo l'inizio, il "bello" viene dopo.
C'è il panico, l'istinto di sopravvivenza che porta la gente a correre via, ad allontanarsi, a spingersi gli uni con gli altri.
C'è lo shock di chi ha visto morire chi aveva accanto a sè, si ritrova spruzzato di sangue sui vestiti, brandelli di tessuti addosso, di chi viene bruscamente proiettato in uno scenario psichedelico fatto di grida, sirene, lamenti, confusione.
C'è la paura, che scuote gli apparati nervosi, e quelli circolatori e, a dirla tutta, anche quelli escretori dandoti
di conseguenza pazienti che hanno una crisi nervosa, un collasso od un infarto o che, semplicemente, si son cagati addosso.

L'esplosione si era sentita sino all'Ospedale, e solo uno stupido avrebbe potuto confonderla con le detonazioni, ben più modeste, tipiche dei festeggiamenti di quella giornata. Molte persone erano affacciate alle finestre quando iniziò ad arrivare la prima ondata di feriti, dopotutto anche quella era una "parata" sebbene fosse più macabra, più frettolosa, più singolare a vedersi. In un silenzio surreale ed esterrefatto la gente guardava quel fiume di ambulanze e barelle sfociare nel gruppetto dei medici all'esterno, che freneticamente si muoveva ad accogliere i nuovi arrivati. Indubbiamente, nei volti di chi guardava, c'era il dispiacere per quanto successo...ma molti di loro, forse vergognandosene, sentivano dilagare nel petto anche qualcosa di inopportuno per la situazione, di irrispettoso.
Perchè la loro sventura, l'esser relegati in quelle mura per cause di forza maggiore, aveva fatto perder loro quell'evento.
Donne e uomini, in quel momento, assaporavano febbrilmente un forte, spaventoso, senso di sollievo ripetendosi costantemente "Io non ero li"
Alyssa si staccò dal vetro cedendo il proprio posto al curioso di turno, diretta al pronto soccorso, rimboccandosi le maniche del maglione nero.


---

31 Maggio  2515 - Notte

Il Dottor Jinx Huei se ne stava in disparte, nella saletta d'attesa di fronte la sala operatoria, gli occhi persi nel vuoto, l'espressione stanca e tirata, e un certo senso di nausea fermo sulla punta della lingua. La luce rossa fissa indicava che li dentro un intervento era in corso, ma l'uomo teneva la testa china, verso il pavimento, e le mani raccolte e intrecciate, quasi stesse pregando. Non aveva sentito Alyssa arrivare, e non si accorse di lei finchè  non gli fu accanto. Gli tendeva un bicchiere di carta, colmo di caffè nero, il fumo risaliva in lente spirali, arrivando a carezzare il volto imperturbabile della donna.
Per un pò non si dissero niente, ognuno pensò alle sue occupazioni. Niente grazie, niente prego, niente convenevoli, lui bevve il caffè e lei gli si sedette accanto.


"..L'ho vista aiutare, oggi. In pronto soccorso.."
"Ho solo fatto il mio dovere"
"E' solo questo, che fa? Il proprio...dovere?"
"..."
"C'è mia moglie, li dentro"
"..."
"Ha perso..il bambino e..stanno tentando di.."
"..."
"Non credo di riuscire a tollerare di..perdere lei..e.."
"..."

Lui parla, parla, parla. Le parole si spezzano, si sfaldano in singhiozzi, tornano ad accavallarsi su quelle labbra tremanti, pallide e stanche. Alyssa non dice niente, rimane a guardare la luce rossa, che muta colore, diviene verde. Proprio quando l'uomo non ne può più di tutto quel silenzio e sbotta, contro di lei

"Ma perchè le dico tutto questo?! Lei non capisce..non sente un cazzo, lei non capisce! Non ha..."
"Dottor Huei, abbiamo finito. Sua moglie è salva. Certo dovrà.."

I discorsi si accavallano, si mescolano. La donna rimane seduta, lasciando che i due uomini parlino tra di loro, si confrontino. Quando il chirurgo si allontana, Jinx torna a voltarsi verso Alyssa. Sollevato, felice..e persino rammaricato di quanto appena detto

"Io..."
"No, davvero. Non si preoccupi. Comprendo perfettamente."

La ragazza si rialza, allungandogli un sorriso, e si allontana prima ancora che lui possa formulare scuse e arrampicarsi sugli specchi finendo col cadere a terra e sfracellarsi. Dopotutto, c'è già la moglie ferita, in quella famiglia.


--

"Sono meno impressionabile di quanto possa sembrare, Huck..credo che la morte per un dottore sia solo un passaggio da uno stato all'altro. I corpi non sono che bambole di pezza, peraltro fatte con pezza scadente, che si rovina subito"
"Pezza scadente, già. Tengo d'occhio i corer uccisi alla torre. Ogni tanto appendono qualcuno che conosco"
"Pezza che tentiamo disperatamente di riparare, in tutti i modi...senza riuscirci fino in fondo. Perchè altri bambini cattivi vengono a strappartela dalle mani.."

Mi è venuto in mente Huck, e il discorso sulle bambole di pezza. 
Chissà se ha finito il Whiskey. 
Chissà se era alla parata.
Chissà se alla parata c'era anche Paul.
E Anya. E Edan. E il professore. E Maya. E Lars.
Dovrei scrivere loro...ma di molti non ho il contatto.
Dovrei cercarli...ma non stanotte. Non ho la forza di affrontare una nuova ondata di fantasmi.
Domani, domani sarò forte abbastanza. O forse dopodomani.

Huei ha ragione, io non capisco, io non sento, io non posso capire.


2013-05-25

Di discussioni attorno a una birra, di nottate in postriboli, di cioccolato


Eleria - Yindù - Peacock Club

Non propriamente il locale più elegante di Yindù, decisamente pacchiana la scelta del proprietario di dedicare ogni singolo particolare degli arredi al pavone ed ai suoi colori. Ma, ad ogni modo, è un posto che le ragazze conoscono bene, i cocktail sono buoni, il mangiare migliore...e sopratutto c'è abbastanza discrezione e atmosfera per parlare di  certe faccende senza essere disturbate

"Quindi...quanto hai intenzione ancora di giocare a fare la cowgirl?"
"Non sto affatto giocando. Mi trovo bene li, e intendo rimanerci"
"Aly, te lo ricordi che sei una Corer, vero?"
"Certo che si"
"Ecco. E hai idea di quanto quelle persone siano diverse da te?"
"Io non vedo la loro "diversità" come un problema, però..."
"Ma loro vedranno in tal modo la tua diversità. Non sei una di loro, sei sempre una straniera. E  prima o poi te ne accorgerai tu stessa. Saranno ospitali, si...ma tu sei e resti un ospite, per l'appunto. Non un membro della comunità"


---

Pam non ha tutti i torti. Me ne rendo conto da quanto successo al Ranch negli ultimi giorni. Non faccio di tutta l'erba un fascio, ovviamente...però non posso certo dire che lei si sbagliasse. Ho sentito più discorsi del cazzo negli ultimi due giorni che in tutto l'ultimo anno e resto in attesa di vedere come si risolverà la cosa. Spero, vivamente, che Zakhar una volta per tutte metta i puntini sulle i,  trovo la cosa in sè talmente "nosense" e cosi vuoti i suoi protagonisti da non volerci spendere, ulteriormente, tempo e pagine sopra. Fine.


---

"Ma almeno fai il medico, li?"
"In realtà no, mi hanno assunta come cuoca. Sai, visto che sono cosi brava..."
"Intendo...ne hai di lavoro o passi il tempo a lucidare i ferri?"
"Ne ho fin troppo, ultimamente. Non è un posto cosi tranquillo, non  di questi tempi...certo, non è come Safeport da quel che ne so ma..."
"...cosa intendi con tranquillo?"
"Niente. Immagina"
"..."
"Dai Pam, che palle, sembri mia madre stasera"
"E' che non mi sei mai sembrata tipo da esperienze simili. Insomma...ti facevo più adatta ad altri ambienti lavorativi. Non riesco a visualizzarti vestita con gonne e camicette mentre disinfetti col Whiskey il piede di un fattore caduto sul rastrello. E' noioso, Dio"

---

Sono andata a cercare sul dizionario eh. Giusto per essere precisi.

illegale[il-le-gà-le] agg.
• Che non è ammesso dalla legge o dalle regole in vigore SIN illecito: azione i.
• avv. illegalmente, in modo i.

medicina[me-di-cì-na] s.f.
1 Scienza che si occupa delle malattie, della loro cura e prevenzione: m. preventiva; studiare m. 
2 fig. Tutto ciò che può alleviare o curare un male fisico, una sofferenza morale, una situazione difficile e sim. SIN cura, rimedio: il tempo è spesso l'unica m. per le pene d'amore

noia[nò-ia] s.f.
1 Sensazione di inerzia malinconica e di invincibile fastidio, dovuta perlopiù a insoddisfazione per la monotonia e la mancanza d'interesse della situazione in cui ci si trova SIN tedio, fam. barba: una n. insopportabile |

No, decisamente  l'altra sera con Noradine  non ero annoiata. Preoccupata, ansiosa, incazzata, spaventata, incosciente sarebbero aggettivi più calzanti. Ma d'altronde lo dice il dizionario. Medicina è tutto ciò che può alleviare o curare un male fisico, una sofferenza morale, una situazione difficile..ed io sono un medico, no? Lei era...cosi disperata, e a sua volta spaventata. Rischiare di morire per il bene di qualcuno che ami è qualcosa di troppo dolorosamente radicato in me per rimanervi indifferente.
Ad ogni modo...è fatta! Spero che riesca a realizzare ciò che ha in mente, che vada tutto come nei suoi piani. Ho passato la notte a tenerle la testa, mentre rimetteva in una stanza talmente lurida che, ci giurerei, il suo vomito può solo averla igienizzata.



---

"Sei andata da tuo padre?"
"Si"
"E...da Daniel?"
"...Si"
"..."
"..."
"..."
"..Mi vedo con un tizio"
"Nel senso che te lo scopi?"
"Anche. No, però con questo ci parlo, dopo"
"Nel senso che lo saluti o..."
"Nel senso che ci ho dormito, anche. E basta. E che ci chiacchiero"
"Davvero?! Ma è una notizia bellissima!"
"Vacci piano..."
"Io? E perchè mai...ci pensi già tu, ad andare piano di tuo"

Si vado piano, e a furia di procedere cosi finirà che le mie gambe si immobilizzeranno del tutto. Apprezzo alcuni suoi lati, le premure discrete o gli sprazzi di sarcasmo, le battute taglienti. Ma delle volte lui stringe troppo, e io mi sento soffocare. Parla di lasciare segni, impronte, scalfiture..e svicolo con l'ironia, mi allontano a colpi di sarcasmo da qualcosa che ha il sapore del "perpetuo". Perpetuo è un aggettivo che non si sposa bene con un animo cosi mutevole come il mio. Delle volte capita che vorrei stringere io, lui,  ma mi accorgo che ne manca la forza. Stiamo bene, stiamo molto bene insieme, ma l'amore è un'altra cosa, l'amore è diverso. Non so dove andremo, da che parte e come, tuttavia non ho voglia di chiedermelo. E' piacevole svegliarsi con lui accanto, e sapere che se ti addormenti ti sistema il lenzuolo addosso. Piacevole avere qualcuno da abbracciare, che si sforzi di capirti, che ti porti cioccolato amaro quando stai male.
Ma...è davvero ciò che voglio? Ciò di cui ho bisogno?

Ho come l'impressione di essermi tatuata addosso la mia maledizione, e di dovervi  tenere fede, in un modo o nell'altro.



2013-05-18

Di cimiteri, di uomini importanti, di ricordi




Mio padre era un professore. Di lettere, per la precisione. E ho ereditato molte cose, da lui, tra cui anche il temperamento. E' sempre stato fiero del fatto che fossi una testa calda, perchè lo considerava il nostro marchio di fabbrica, ciò che caratterizzava la famiglia. A differenza di mia madre, Corer nell'anima, lui era cresciuto a Greenfield, assieme a sua sorella Mary. E del Border aveva assorbito lo spirito, la giovialità, quella certa franchezza nei modi.
Quando Daniel aveva iniziato a frequentare casa nostra lui lo aveva accolto a braccia aperte. Quel bambino, figlio di una coppia infelice, che passava più tempo a tirarsi contro le cose che a prendersi cura di lui, lo aveva intenerito e commosso. Era stato lui a dirmi di essere gentile e di invitarlo a giocare con me, di pazientare anche se mi rompeva le bambole, e succedeva che mi tirasse i capelli. Gliele perdonava tutte e Daniel, dal canto suo, ricambiava questo affetto con altrettanta tenerezza. Anche da grande Patrick Morrigan  era rimasto un pò il suo punto di riferimento, il suo confessore, il padre e l'amico.
La sera dell'incidente, quando il "piano facile" si rivelò tutt'altro che tale...Papà fu il primo ad accorrere sul posto. Avevo iniziato da poco, l'Università. E avevo capito che la ferita era grave, che non avrei potuto fare niente. Ma...non riuscivo a staccarmi da terra, non riuscivo ad allontanarmi anche se il corpo era ormai freddo, e gli occhi avevano perso ogni scintillio di vita. Continuavo a premere le mani contro, per arrestare l'emorragia...mi dovette sollevare di forza da terra, mentre continuavo a gridare e urlare, e mettere in un canto sul ciglio della strada

"Alyssa...è morto"
"Non è vero! Non è vero!"
"Alyssa..."
"Daniel!"
"Alyssa...non puoi fare niente"



---

Horyzon - Clinica Blue Sun - 2512

Il ritmo cadenzato dell'ecocardiografo sembra scandire il tempo, nella stanza immacolata, avvolta dalla penombra. Patrick è sdraiato nel letto, un camice verde in carta tessuto a coprirlo, il viso scavato dalla malattia e dalla stanchezza. L'uomo è intubato, tiene gli occhi socchiusi, e di tanto in tanto un respiro un pò più forte lo fa rantolare. Alyssa è seduta sul bordo del letto, e tiene tra le sue una mano dell'uomo, sul dorso qua e la sono sparse le macchie viola, segni delle flebo. L'accarezza piano, con delicatezza, quasi temesse di romperla. Nell'aria si respira quell'atmosfera di calma e rassegnazione che accompagna le malattie terminali. E' un dolore cortese, quasi pacato, al quale ti sei preparato da giorni, e che  ti da modo di gestire i sentimenti in maniera ammirevole. La madre di Alyssa si è assentata  dal capezzale del marito, stremata è uscita ad informare amici e parenti della situazione dell'uomo che, adesso, riapre gli occhi azzurri posandoli sulla figura sottile della ragazza.

"Vuoi un pò d'acqua, papà?"
L'uomo fa cenno di si, con la testa. Lei abbandona la mano, per un'istante, prendendo con la destra un bicchiere sul comodino. Pazientemente lo avvicina alla bocca dell'uomo, attendendo che beva. E' calma, quasi distaccata, e sorride spesso quando lui incrocia gli occhi con i suoi

"Vai un pò a riposare, Aly"
"Mi sto già riposando, sto con te"

Una pausa di silenzio, e un sospiro. Alyssa riprende a carezzargli la mano, con dolcezza, tenendola sul proprio grembo

"Sai...ripensavo a quella volta...quanti anni avevi? Quando sei caduta dalla moto..."
"Quattordici"
"Si...Eri diventata pigra. Volevi che ti leggessi io, i libri"
"Sciocchezze, era perchè avevo il braccio rotto e non potevo.."
"No no, eri proprio pigra"
"No...era che mi piaceva il modo che avevi di raccontare le cose"

Solleva la mano, portandola al viso, premendo piano le labbra sulla pelle sottile, in un bacio morbido.
Patrick rimane zitto, ma sorride anche lui.

"Alyssa..quella notte..non è stata colpa tua"
"Lo so"
"Continui a dimenticartelo, però. Continui a stare male"

Lei non risponde. Le si sono riempiti gli occhi di lacrime, ma non dice niente. Continua a cullare quella mano, e a ricoprirla di baci, come fosse un bambino.

"Il mio unico rammarico è che non potrò vederti diventare medico..."
"..Papà.."
"...ma sarai un bravo medico, ne sono sicuro.."

Il silenzio sembrava interminabile, e le lacrime stavano li a grappolo, nella gola di entrambi. Ma poi Patrick sorrise, e carezzo piano il  viso della figlia

"Cantami qualcosa. Per favore"

Lei aveva ingoiato, lentamente, dolorosamente. Grattato via la malinconia con un colpo di tosse, fatto entrare aria nuova nei polmoni. E iniziato a canticchiare, a voce bassa

"Somewhere over the rainbow, way up high..There's a land that I heard of, once in a lullaby.."






--

Yindù - Cimitero - 2515

La lapide è bianca, talmente pulita e lucida che sembra quasi bella a vedersi. I fiori finti, appena ti avvicini, sbuffano una nuvoletta di essenza. E a lei la cosa fa sorridere, ripensando ai prati di Greenfield. Si  è  inginocchiata a terra, gli occhi fissi sulla foto incorniciata nel marmo, che le sorride a sua volta. Rimane in silenzio, senza dire niente, senza fare nulla, il vento che muove piano le ciocche rosse che le incorniciano il viso. Il discorso che fa, lo fa tutto nella sua testa.

"Ciao papà, innanzitutto..stiamo bene. Mamma e zia stanno bene, non devi preoccuparti perchè a loro penso io. Non vengo a trovarti spesso, ma so che sei da qualche parte, dentro di me, e sei sufficientemente aggiornato. Abito a Greenfield ora...non so se ai tuoi tempi la gente si carezzasse cosi spesso, con le pistole, ma ai miei tempi...beh, c'è da divertirsi. Ho gente nuova, nella mia vita. Gente che si prende cura di me, e che mi vuole bene. E sono..utile, sai? Non tanto coi lavori della fattoria, ma come medico me la cavo. Sono felice, papà, come volevi tu. Ti piacerebbero, sai? Specie Myar. Noi..non ci siamo nascosti mai niente, e se  fossi qui ti avrei detto di Nash. A mamma non lo dico, non capirebbe. Ma tu si. A quanto pare il mio cuore batte ancora, da qualche parte...però ci andrò cauta comunque. Non si sa mai. Insomma..potrebbero essere farfalle nello stomaco...o semplice brontolio da fame. Staremo a vedere. Ti voglio bene, papà, sempre tanto. Anche se ultimamente ho fatto cose avventate e mi avresti sgridato. Anche se non posso dirtelo a voce, te ne voglio comunque.."

E poi si rischiara la gola, respira. E tra lo stupore di chi le sta intorno, comincia a canticchiare..


"...Away above the chimney tops..That's where you'll find me" 



2013-05-17

Di commiati, di sbarchi, di liquori


Durante il viaggio non ho fatto altre che girare e rigirare il c-pad tra le mani. Ho ripensato a tutto quello che è successo in questi giorni, che mi si è accumulato tra i pensieri come nodi che finalmente arrivano al pettine. Non ho pianto, davanti a nessuno. Perchè non è un addio, è solo un rispondere a doveri che ho ignorato da tempo. E ho bisogno di sistemare delle cose, di ritrovare un pò di calma. Però, ogni volta che abbasso gli occhi, al polso c'è il bracciale in pelle, e mi viene in mente Myar.
Ogni volta che apro il c-pad leggo un certo messaggio..ed entrambe le volte, mi sembra che mi si distacchi il cuore dall'aorta.

"In quale parte di mondo sei?"
"In quella che ti ricomprende"


Eleria  - Yindù - 2515




Alyssa se ne sta seduta davanti al tavolino del the, ma lo sguardo è piuttosto  assente. ha raccolto i capelli in uno chignon, un acconciatura semplice, che le mette in evidenza il collo elegante. Le mani sono ferme, sul grembo, e annuisce distrattamente all'anziana madre. Indossa un qipao verde smeraldo, essenziale e rigoroso e sembra davvero un'altra persona. La madre è intenta a versare il the, e solo quando si accorge di quanto zucchero stia mettendo la donna solleva una mano, e finalmente parla

"Basta cosi, grazie"
"In cinese, Alyssa. Sai che non sopporto sentirti parlare in quella lingua"

Lei sorride, e ripete l'indicazione in cinese. L'accento cambia, si modula attorno alla sua bocca, defluisce in cadenze nuove, morbide e sussurrate.

"Sei una cattiva figlia. Non vieni mai a trovarmi. Dovresti.."

Al "dovresti" lei si è già distratta. Tornare li è come tornare indietro nel tempo. La casa è pregna di ricordi, infilati nel legno, negli scricchiolii dei mobili, sotto i tappeti d'epoca. La casa di Daniel è sempre li, accanto alla sua, ma non vi abita più nessuno da tempo. Si solleva da terra, avvicinandosi alla finestra. Poggia la mano contro il vetro freddo e scruta fuori, lungo il viale. E poi, all'improvviso, ricorda. All'improvviso sorride.


Eleria - Yindù - 2549



La bambina ci aveva pensato a lungo, in quei giorni. Se ne era persino discusso, in casa, e alla fine aveva preso una decisione. Cosi, quel pomeriggio, s'era preparata con cura. Aveva indossato il suo vestito migliore, con pizzi color crema e un delizioso fiocco, e si era pettinata a lungo i rossi capelli. Imbracciata Kaila, la sua bambola di pezza, era uscita fuori di casa nel primo pomeriggio. L'aria era satura dell'odore dei grappoli di glicine, schiusi per buona parte, che cresceva al limitare delle due case. Le scarpette di vernice affondavano appena, nel manto erboso delle aiuole, mentre proseguiva rapida e spedita verso il bambino. Biondo, testa piuttosto spettinata, ginocchio vistosamente sbucciato, stava seduto sul gradino della propria abitazione, in tempo a contemplare il silenzioso pellegrinaggio delle formiche, proprio vicino ai suoi piedi. Alyssa si fermò davanti a lui, dandogli il tempo di sollevare gli occhi, in uno sguardo sorpreso quanto incerto. Il piccolo bastoncino che il bambino teneva in bocca, e rigirava tra i denti, sfuggì via dalle labbra, appena sgranate dallo stupore nel ritrovarsela lì

"Ciao! Io sono Alyssa...ti andrebbe di giocare con me?"
Silenzio. Un lungo, prolungato silenzio.
"Ma...tu sei una femmina"
Si sa...certe osservazioni non sono mai molto brillanti. Alyssa assume un'espressione piuttosto perplessa, quasi incerta. E si da persino un'occhiata, per sincerarsene, prima di rispondere
"Beh...si"
"I maschi non giocano con le femmine"
"Ah.."
Si, adesso è davvero, davvero delusa. Deglutisce, e si sforza comunque di sorridere.
"Ok. Beh, allora..Ciao eh"
S'è girata, pronta ad andare via. Ha mosso qualche passo, e solo allora lui si è rialzato.
"...Però...se proprio ti senti sola. Credo di poter giocare un pò con te. Niente bambole però"

Il sorriso che lei gli aveva rivolto, girandosi, era qualcosa che Daniel avrebbe ricordato per molti anni a venire. Un piccolo raggio di sole, coinvolgente e pieno di vita, in grado di farti dimenticare tutti i crucci, i problemi, le cose tristi.
E alla fine, quel giorno, avevano giocato con le bambole.

---

"Dovresti andare a trovare tuo padre, Alyssa"

La voce della madre, di nuovo, a rubarle i pensieri. Lei si volta a guardarla, annuisce. Ha gli occhi un pò velati, e l'espressione malinconica. Ma il sorriso le incurva, comunque, le labbra

"Si..ci vado domani mattina"

---


"Pam? Sono io.."
"Aly! Ma da quanto tempo...dove sei?"
"Sono qui, a Yindù. Sei in zona?"
"Certo che si, dove vuoi che vada.."
"Ti va di uscire stasera?"
"Si, cosi mi aggiorni..è da un bel pò che non ci si vede, mh?"
"Una vita intera"
"Che ti andrebbe di fare?"
"Qualsiasi cosa va bene..."
"Mh. Conosco quel tono. Andiamo a bere, va.."

Qualsiasi cosa. Per non pensare, per anestetizzare la mente. Qualsiasi cosa.




Non siamo ubriache. Siamo diversamente sobrie.



2013-05-12

Di lavoro, di famiglia, di fienili


Non sono abituata a tutto questo. A spalare letame, a stare china a raccogliere frutta, verdura o uova. A pelare patate,  a spazzolare cavalli, cani. Non è il mio mondo. Non ho mai fatto nulla del genere, e si vede.
Sradico piante alla radice, rompo le uova, mi getto  metà palata di letame addosso e un quarto nella carriola... Commetto molti errori, in un mestiere che non è il mio e che non ho mai visto fare prima d'ora.
Un mestiere che, in questi ultimi giorni, dati i recenti sviluppi,  mi han consigliato spesso di abbandonare.
Hanno attaccato il Ranch in diversi modi. Si dice che c'è chi paghi per vedere i membri del Black Oak Ranch  morti, e recentemente hanno dato fuoco al nostro stand al mercato, sparandoci addosso.
C'è tensione, nell'aria, e la cosa più fastidiosa è che il pericolo non ha ancora una faccia nè un odore, se non quello della merda che ci sta buttando contro.

Eppure...io qui sto bene. Ok, forse non sarò bravissima nel fare certi mestieri. Le galline tremano quando mi vedono e ho sentito, molto chiaramente, le carote bisbigliare dietro di me quando passo. Ma...sto bene.
Sono tutti molto pazienti, mi spiegano le cose che non so fino alla nausea, e non mi fanno pesare troppo i miei piccoli disastri.
Insomma, sto migliorando.
E dovrei migliorare anche nel mio lavoro...Le nozioni e la tecnica che ho acquisito all'Università non sono sufficienti qui. Ho meno mezzi, ed esigenze molto diverse da quelle che avrei su Eleria. Per cui, nel tempo libero che mi rimane, ho ripreso i libri. Studio, come una pazza, chirurgia, veterinaria, patologia..e penso a come utilizzare ciò che ho a disposizione, magari riadattandolo in base alle esigenze ed alle situazione. Ad esempio l'altro giorno mi sono sorpresa a fissare, con aria interessata, un forcone. Mi sa che sto esagerando.

Dicevo..sto bene. Sto divinamente.
Amo l'aria fresca che si infila in camera appena apro la finestra, la mattina, cosi frizzante da far venire la pelle d'oca. C'è dentro l'odore dell'erba al sole, appena tagliata, il profumo del caffè che sale da sotto, quello del sapone che Mary usa per fare il bucato, che stende  vicino agli alberi. Appese al filo ad asciugare  ci sono lenzuola bianche che vibrano al vento assieme a magliette con scimmie e maiali intervallate dalle camicie quadrettate di Alan e Connor, dagli  orribili calzini di Eithan.
Amo sentire Myar e Omi gridare da stanza a stanza, anche se li per li vorrei infilarmi il cuscino nei timpani e divenire sorda, per sempre.
Amo controllare il c-pad e vedere che, almeno due volte su cinque, è un messaggio di Anja. E almeno tre volte su due ha sbagliato mittente.
Dio, amo tutto questo.
E non permetterò a nessuno di distruggerlo...neanche ad un mio, eventuale, istinto di conservazione.
 Io resto...a maggior ragione ora che sto iniziando provando a cavalcare.


...Ok, di questo ero un pò indecisa se scrivere o meno perchè non voglio sembrare una fottuta adolescente alle prime cotte, nè una donna vissuta che annota le proprie scopate. Perchè di sesso si tratta, alla fine.
Sano, meraviglioso, liberatorio sesso. Con un uomo di cui so poco e niente, ma quel poco è abbastanza per farmi decidere di sdraiarmi con lui tra le balle di fieno.
E'...strano. Dio se è strano. Quello che mi dice è strano e...so che non dovrei, che dovrei tagliare...però me lo ritrovo sempre intorno.
E no, non mi dispiace. Anche perchè non è stupido, dice cose interessanti...e Dio, se mi fa ridere.
 Ridere di cuore, perchè mi prende in giro, e sembra adattarsi bene al mio modo di fare. Non vuole essere dimenticato, non vuole essere un numero...ma ora, obiettivamente, non è che io gli uomini li collezioni.
Non l'ho mica scelto per fare numero. Anzi...non ho proprio scelto, è capitato.
E' capitato che trovi invitante la sua bocca, e bello il suo sguardo.
Che mi ecciti il suo odore, e mi piaccia il modo in cui mi stringe.
E' capitato.
Ed è cosi che dev'essere...finchè vorrò, finchè vorremo.
Finchè non andrà via anche lui, finchè non sentirò il bisogno di correre via io.

Ah! Quasi dimenticavo...ho due nuovi tatuaggi.
La scritta "Free", libera, sulla mano sinistra...ed è facile intuire il perchè l'abbia voluto.
E un soffione al vento, tra le scapole. I semi soffiati via si trasformano e diventano uccelli e volano via liberi verso la mia nuca. Questo...questo è un pò più difficile da intuire

---

Yindù - 2507

Alyssa teneva tra le mani qualcosa, proprio davanti al ragazzo, e Daniel sbraitava gesticolando vistosamente. Entrambi appoggiati ad un muretto, sembravano intenti a discutere.

"Cosa sarebbe questo?"
"Ma come cosa sarebbe. E' un soffione!"
"...un..cosa?"
"Dai Danny...un fiore!"
"Questo!? Ma sembra...pelo..su un paletto"
"Sono i semi.."
"Ah...e perchè cazzo mi regali un fiore?!"
"Perchè si dice che se soffi ed esprimi un desiderio i semi lo portano via, col vento,e lo fanno avverare"
"Mh. Quindi ora..dovrei.."
"Si!"
"Dai Aly no. Se ci vedesse qualcuno..Cristo, perchè devi farmi fare queste cose da gay?"
"...Ok.Come vuoi"
"Dio, quando mi fai sto muso...Va bene. Da qua"
"Davvero, vuoi?"
"Si. Sbrigati però, prima che viene qualcuno"

Lui aveva soffiato e, ubbidienti, i semi erano volati via, verso il sole ormai al tramonto, in un'ordinata processione. Una missione di fecondazione, quella dei semini, che si affidava un pò al vento e un pò alla fortuna. Lei era rimasta in silenzio, lasciandosi abbracciare da dietro, ferma a contemplare quella scena. Solo dopo che erano spariti, s'era messa a parlare.

"Giusto per sapere...Che desiderio hai espresso?"
"Che tu possa ricordare, per sempre, quanto m'hai fatto sembrare gay oggi. E quanto ti amo. Sempre.  Per sempre "



As you wish, Daniel